Lavorare fino al nono mese di gravidanza è davvero un vantaggio?

Lavorare fino al nono mese di gravidanza è davvero un vantaggio?

Pubblicato il 18 Maggio 2021

Lavorare fino al nono mese di gravidanza oggi è possibile e non è nemmeno molto raro che accada.

Che la gravidanza non sia una malattia e che possa essere gestita in tutta tranquillità continuando a lavorare ormai è assodato.

Salvo casi specifici nei quali il medico rileva rischi e consiglia comportamenti diversi, oggi le gestanti conducono per lo più uno stile di vita del tutto simile a quello che seguivano prima della gravidanza.

Anche la legge nel corso del tempo si è adeguata tanto che nella legge di bilancio per il 2019 è stata introdotta la possibilità di richiedere uno spostamento dell’inizio del congedo di maternità fino alla data del parto.

Che cos’è il congedo di maternità

Il congedo di maternità è una tutela obbligatoria, prevista per legge, in base alla quale le donne lavoratrici al momento del parto sospendono l’attività lavorativa per cinque mesi.

Secondo la normativa, il congedo obbligatorio inizia due mesi prima del parto e prosegue nei tre successivi. Oppure, se il parto è anticipato rispetto alla data presunta, ai tre mesi successivi al parto si aggiungeranno i giorni non goduti.

Tuttavia, la legge di bilancio per il 2019 ha inserito la possibilità di posticipare l’inizio del congedo al momento del parto: di conseguenza, se non sussistono controindicazioni specifiche, è possibile lavorare fino al nono mese e stare a casa per tutti i cinque mesi solo dopo aver partorito.   

Lavorare fino al nono mese sì no – Campagna del Cavolo

Si tratta di una opportunità interessante per le mamme lavoratrici, in quanto possono sfruttare maggiormente il congedo nel momento in cui il bambino sarà nato. Tuttavia, potrebbe in alcuni casi risultare controproducente.

I vantaggi del lavorare fino al nono mese

Quando questa possibilità è diventata realtà si è concretizzato un desiderio di molte mamme che, sentendosi ancora in forma nell’ultimo periodo prima di partorire, preferivano utilizzare tutto il congedo dopo il parto.   

I benefici di questa scelta riguardano senza dubbio l’organizzazione familiare, ma favoriscono anche il rapporto mamma-bambino.

Per quanto si tratti solo in un mese o due in più da trascorrere a casa, quando il neonato è ancora così piccolo poter trascorrere un periodo più lungo a casa può essere particolarmente importante:

  • Vivere in modo meno traumatico il distacco, sia per la mamma sia per il bambino: nei primi mesi di vita del bambino lo sviluppo è molto rapido e da un mese all’altro si possono apprezzare cambiamenti molto significativi. Per la mamma posticipare di qualche settimana il rientro al lavoro e, di conseguenza, il distacco dal proprio figlio, può realisticamente essere più tranquillizzante.
  • Avere la possibilità di rimettersi in forma con maggiore calma: soprattutto se si è subito il parto cesareo, la ripresa può essere più lunga. Non tutti i parti e non tutti i bambini sono uguali, pertanto in alcune situazioni organizzare i ritmi familiari con quelli lavorativi non è sempre semplice. Avere un po’ di tempo in più aiuta a riprendersi anche dal punto di vista fisico.
  • Possibilità di allattare più a lungo: sebbene nei primi mesi in cui si rientra al lavoro vi sia un orario di lavoro più ridotto proprio per l’allattamento, la ripresa dell’attività lavorativa può ostacolare l’allattamento al seno. L’OMS raccomanda l’allattamento almeno fino al sesto mese, di conseguenza usufruire di un mese in più di congedo anche da questo punto di vista può essere strategico.

Lavorare fino al nono mese: i risvolti psicologici

Sebbene i benefici di usufruire di un mese in più di congedo obbligatorio siano concreti, non va messo in secondo piano l’aspetto psicologico del protrarre l’attività lavorativa fino al momento del parto.

Durante le ultime settimane di gravidanza la mamma inizia a prepararsi ai cambiamenti che ci saranno dopo il parto sia da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista psicologico e sociale.

Per alcune donne il parto può essere un momento pesante, tanto più se si tratta di un parto cesareo, a cui si aggiungerà un cambiamento non indifferente sia biologico sia di stile di vita. Avere la possibilità di prepararsi a queste trasformazioni della propria vita può essere utile per non ritrovarsi sottoposte a uno stress eccessivo. Anche la pressione sociale, che potrebbe spingere alcune mamme a superare i propri limiti, può essere dannosa, tanto più nell’ottica di prevenire la depressione post-partum.

Concedersi delle pause e staccare dal lavoro, dunque, deve essere una possibilità da prendere seriamente in considerazione senza voler strafare.

Quando iniziare il congedo di maternità? Una scelta personale

Al netto dei pro e i contro del ritardare il congedo di maternità fino al momento del parto, la decisione dovrebbe essere presa in autonomia, tenendo conto della propria situazione personale.

Ogni gravidanza è una storia a sé: persino per la stessa mamma, due gravidanze diverse possono nascondere risvolti diversi. Pertanto, non c’è da vergognarsi se si decide di smettere di lavorare un po’ prima così come si può desiderare di stare con il proprio bambino un mese in più.

Ascoltare il proprio corpo e dare voce alle proprie sensazioni è fondamentale per intraprendere serenamente il percorso di maternità. Se si è in dubbio, ci si può rivolgere al proprio ginecologo e medico curante che, conoscendo la situazione personale, saprà dare delle ottime indicazioni. 

 

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