Il congedo obbligatorio di maternità è una tutela per lavoratrici in gravidanza. L’articolo 37 della Costituzione Italiana, infatti, prevede che l’attività lavorativa possa essere svolta in modo da non compromettere il benessere famigliare e che sia alla madre sia al bambino sia garantita la giusta protezione.
Nel 2001 venne promulgato il Testo Unico sulla tutela e sostegno alla maternità e paternità. In esso sono comprese tutte le normative di legge che regolamentano il rapporto tra lavoro e gravidanza: dalla tutela della salute ai congedi di maternità, oltre che i riposi e i permessi che si possono richiedere prima e dopo la nascita del bambino.
Negli anni sono state portate numerose modifiche nell’ottica di migliorare la situazione lavorativa per le future mamme. È recentissima, del dicembre 2019, la circolare che recepisce le modifiche legislative che riguardano proprio il momento in cui si può iniziare il congedo obbligatorio.
Il congedo di maternità, o congedo obbligatorio, è una tutela che garantisce alla madre di assentarsi dal lavoro per cinque mesi a cavallo del parto. Ciò implica che l’astensione del lavoro sia obbligatoria e che, durante quel lasso di tempo, venga comunque percepita una retribuzione e conservato il posto di lavoro.
Le madri lavoratrici, che non abbiano già altre forme di tutele, godono dunque sia di un vantaggio normativo sia di un vantaggio economico. Nel periodo della sospensione del lavoro ricevono una retribuzione che corrisponde al 80% della retribuzione giornaliera, prendendo come base l’ultimo stipendio.
Questo periodo può poi essere prolungato in quello che è chiamato congedo parentale facoltativo. In tal caso, la retribuzione viene ridotta al 30% dello stipendio.
Nel corso degli anni la normativa ha subito delle modifiche, in particolare in relazione al momento in cui la futura mamma può iniziare a stare a casa.
Fino a poco fa la legge prevedeva che il congedo obbligatorio fosse diviso in due periodi e che la data d’inizio potesse essere spostata di un mese. Di conseguenza i due periodi potevano essere così ripartiti:
oppure
Recentemente, la circolare Inps 148 del 12 dicembre 2019, ha reso operativo ciò che la legge di bilancio del 2019 già aveva indicato, ovvero la possibilità di astenersi dal lavoro solo dopo il parto per 5 mesi consecutivi.
Nella circolare Inps vengono inoltre indicate le istruzioni operative per poter scegli
re questa possibilità.
Si tratta, di fatto, di una tutela piuttosto importante, considerato che molto spesso la donna è in grado di lavorare fino a poco prima del parto e può esserle più utile avere a disposizione il maggior numero di giorni possibili di congedo per dedicarsi al nuovo nato.
Del resto, la normativa tutela le donne che svolgono attività considerate pericolose o incompatibili con la gravidanza, obbligando il datore di lavoro ad escluderle da quel tipo di attività e di attribuirne loro altre non a rischio. In gravidanza sono esclusi, per esempio:
Di conseguenza, a meno di casi patologici, il prolungamento dell’attività fino al parto non dovrebbe mettere a rischio la gravidanza.
Per poter godere di questa tutela è necessario fare domanda all’INPS almeno due mesi prima rispetto alla data presunta del parto.
Esistono tre modi per farlo:
Nel caso in cui si voglia iniziare il congedo dopo il parto, si deve avere l’autorizzazione medica e presentare la documentazione ad essa relativa. Si tratta di una tutela molto importante per il bambino: saranno il medico curante e il medico del lavoro a certificare che non ci siano rischi né per la madre né per il feto.
La certificazione, rilasciata in conformità con la circolare 43/2000 del Ministero del Lavoro, deve attestare che:
La normativa prevede i casi in cui si verifichino situazioni eccezionali i cui la distribuzione dei mesi di congedo può subire modifiche:
Copyright © 2019-2022 All Rights Reserved by PMA-ITALIA | Privacy Policy – Cookie Policy – Impostazioni Cookies
Links