L’aborto spontaneo è una condizione psicologicamente pesante, soprattutto se si aspettava da tempo la gravidanza.
Molte donne si chiedono se sia possibile la gravidanza dopo aborto spontaneo e quanto tempo sia meglio aspettare prima di provare di nuovo ad avere un bambino.
In linea di massima, se non ci sono condizioni patologiche che consiglino diversamente, è necessario attendere almeno due mestruazioni per controllare che la funzionalità ovarica e la situazione ormonale rientri nella normalità.
In genere, infatti, se il ciclo mestruale riprende con la stessa regolarità che sia aveva prima dell’aborto dovrebbe essere sufficiente questo tipo di controllo. In ogni caso, è sempre meglio fare riferimento al proprio ginecologo.
Se, però, gli aborti spontanei sono più di uno e se si verificano avanti nella gravidanza, è consigliabile che vengano prescritti tutti i controlli del caso, per valutare le cause dell’aborto spontaneo.
L’aborto spontaneo è una condizione che si verifica più frequentemente di quello che si pensa, specialmente nelle prime settimane di gravidanza. Infatti, secondo le statistiche l’aborto spontaneo interessa una percentuale di gravidanze comprese tra il 15% e il 20%.
A ciò si aggiunge il fatto che molte donne che subiscono un aborto spontaneo non sanno nemmeno di essere incinte e confondono le perdite di sangue che ne conseguono con le mestruazioni, soprattutto perché ciò avviene nelle primissime settimane di gravidanze.
Secondo uno studio dell’Università della California, ogni donna nel corso della vita, addirittura, andrebbe incontro a un numero superiore di aborti spontanei rispetto al numero delle gravidanze.
Nella maggior parte dei casi non è possibile evidenziare una causa specifica, in quando dopo il concepimento si instaura una sorta di selezione naturale. In questi casi, di solito, si presenta come evento isolato e non riduce le probabilità di rimanere di nuovo incinta e avere un bambino.
Talvolta, l’aborto si verifica perché il feto non ha uno sviluppo normale: nella maggior parte dei casi, si tratta di anomalie genetiche o cromosomiche, anche se non necessariamente legate a problemi ereditari. In particolare, possono avere luogo anomalie come:
Quando si verifica un aborto spontaneo è sempre bene valutare le cause che l’hanno generato rivolgendosi al proprio ginecologo.
Se ci sono condizioni patologiche della mamma che potrebbero averlo causato, il medico ginecologo indicherà come procedere e se sottoporsi a cure o a esami di approfondimento prima di tentare una seconda volta.
Se, invece, non risultano anomalie che potrebbero sconsigliare nuovi tentativi, in linea generale non ci sono controindicazione a tentare nuovamente.
La fertilità dopo un aborto spontaneo, nella maggior parte dei casi, non diminuisce e nel giro di poco tempo la donna riprende la normale attività ovulatoria, soprattutto se non ci sono cause apparenti.
Secondo gli esperti sono sufficienti due cicli mestruali perché si ristabilisca la normale attività: proprio per questo, si consiglia di attendere almeno due mestruazioni dopo l’aborto per controllare che sia ripresa l’attività normale. In questo senso non dovrebbero esserci differenze indipendentemente dal fatto che sia stato effettuato un raschiamento.
Di solito, per gli aborti che si verificano nelle primissime settimane, che sono il maggior numero, l’espulsione è completa e spontanea, pertanto non è necessario in raschiamento.
Quando, invece, l’aborto spontaneo si verifica nelle settimane successive alla settima, potrebbe essere necessario procedere con una pulizia accurata della cavità uterina, utilizzando appunto il raschiamento.
Una delle maggiori preoccupazioni di una donna che subisce un aborto è che questa situazione si possa ripetere. Spesso, dicono gli esperti, i problemi più grandi rimangono legati proprio alla sfera mentale. Talvolta, il consiglio di attendere qualche mese prima di riprovare ad avere un bambino non è determinato da condizioni fisiche ma dalla necessità psicologica della donna di prendersi una pausa.
Se l’aborto si è verificato entro le prime settimane, di solito ha una causa fisiologica, che non è possibile determinare con precisione. In questi casi, se non ci sono altri sintomi o se il quadro anamnestico non induce a pensare a qualche patologia, le probabilità che si verifichi un nuovo aborto non sono maggiori a quelle che hanno le altre donne.
Se, invece, si sono già verificati altri aborti o se l’aborto spontaneo si è verificato in uno periodo della gestazione più avanzato, andrà verificato se ci siano delle cause patologiche e se possano verificarsi nuovamente. Per esempio, aver contratto la rosolia o la toxoplasmosi durante la gravidanza o avere avuto delle infezioni vaginali non curate sono cause di aborto che non necessariamente pregiudicano gravidanze future. Diverso è il caso di patologie sistemiche.
La fecondazione assistita può essere un metodo utile per tentare una nuova gravidanza dopo un aborto spontaneo, soprattutto in quei casi in cui l’aborto si è verificato per cause patologiche.
Per esempio, quando si soffre di endometriosi, il rischio di aborto o di gravidanza extrauterina sono maggiori rispetto alle donne che non soffrono di queste patologie.
In questi casi, oggi si utilizzano sempre più di frequente tecniche come la crioconservazione del tessuto ovarico che consente di prelevare il tessuto durante l’intervento finalizzato alla cura dell’endometriosi. In questo caso, i frammenti vengono crioconservati fino al momento in cui la condizione clinica della paziente sia migliorata e permetta il reimpianto, aumentando così le probabilità di portare a termine la gravidanza.
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