Alcuni trattamenti contro il cancro (chemioterapia e/o radioterapia) possono portare a una menopausa precoce. Ciò può influire sulla fertilità e, di conseguenza, sulle possibilità di avere dei figli, una volta terminate le cure.
Il metodo standard per la conservazione della fertilità è la crioconservazione degli ovociti. Tuttavia, questa tecnica non sempre può essere utilizzata, specialmente per le bambine che non hanno ancora raggiunto la pubertà, e che quindi non hanno ancora produzione ovarica, e per le donne giovani che devono iniziare il trattamento oncologico con urgenza.
La crioconservazione degli ovociti, infatti, richiede la stimolazione ovarica e possono essere necessari anche 10-15 giorni per poterla effettuare, causando così un differimento delle cure.
In questi casi, è preferibile la crioconservazione del tessuto ovarico, che non richiede stimolazione ovarica e può essere effettuata anche sulle bambine che ancora non hanno raggiunto l’epoca della pubertà.
Le ovaie fanno parte del sistema riproduttivo femminile. All’interno di esse è presente uno strato nel quale è situato il corredo di follicoli che, fin dalla nascita, costituisce la cosiddetta riserva ovarica. I follicoli, quando si giunge alla pubertà, danno luogo allo sviluppo di ovociti, che verranno prodotti fino alla menopausa. Lo strato dell’ovaio che contiene gli ovociti immaturi è chiamato corteccia; tale parte dell’ovaio può essere asportato, in parte o interamente, e crioconservato fino al momento del reimpianto.
Il metodo per conservare il tessuto ovarico è la crioconservazione: dopo l’espianto del tessuto, che in genere avviene in laparoscopia, il materiale asportato viene conservato a temperature molto basse (circa -170˚C), grazie all’utilizzo del vapore di azoto liquido.
Questa tecnica permette di mantenere il tessuto nelle condizioni migliori: i congelatori “criogenici” a bassissima temperatura, infatti, sono in grado di preservare la funzione ormonale e di mantenere gli ovociti a lungo.
Del resto, i dati pubblicati in relazione alle probabilità di riuscita del concepimento con questa tecnologia sono molto incoraggianti e, soprattutto, risultano in linea con altri trattamenti di fertilità più utilizzati, come la fecondazione in vitro. Pertanto, sebbene questa tecnologia sia ancora considerata sperimentale, i risultati dimostrano come sia un metodo efficace di preservazione della fertilità.
La raccolta del tessuto ovarico avviene attraverso una operazione in laparoscopia, chiamata ooforectomia, che richiede l’anestesia totale.
Nella maggior parte dei casi, l’espianto del tessuto ovarico riguarda un ovaio o entrambe le ovaie ma, in alcuni casi, sono stati prelevati solo porzioni di tessuto. In alcune situazioni, il prelievo può essere effettuato durante un intervento terapeutico, per esempio quando si deve asportare un tumore oppure, per chi soffre di endometriosi, per la rimozione del tessuto patologico.
Dopo il prelievo, il tessuto ovarico viene allestito per il congelamento: la preparazione prevede che il tessuto venga ridotto a strisce sottili, che verranno immesse nel liquido utilizzato per la crioconservazione.
Si tratta di un metodo che permette di proteggere il tessuto stesso durante le fasi di raffreddamento, che deve avvenire in modo molto lento, così da salvaguardare la struttura dei tessuti ed evitare che lo stesso possa riportare dei danni.
Alcuni tumori come la leucemia e il linfoma hanno un più alto rischio di contaminazione delle cellule tumorali rispetto ad altri. Anche i tumori ad alto rischio metastatico, come quelli alle ovaie, da questo punto di vista devono essere affrontati con particolare attenzione.
Per questo motivo, il tessuto ovarico raccolto viene sottoposto a screening per controllare che non siano presenti cellule malate, riducendo così al minimo le possibilità di ripresa della malattia dopo il reimpianto.
Oggi vengono fatti dei controlli molto scrupolosi che consentono di avere una maggiore tranquillità quando si sceglie questa tecnica.
Un altro aspetto molto importante della conservazione del tessuto ovarico riguarda la durata del tessuto ovarico crioconservato.
Secondo studi scientifici, la conservazione del tessuto ovarico può essere di lunga durata, in quanto la conservazione a lungo termine non influisce sulla qualità del tessuto.
Uno studio[1] in particolare ha preso in esame tre casi di pazienti oncologiche il cui tessuto ovarico era stato conservato per ben 18 anni. Le analisi hanno dimostrato che il tessuto ovarico, pur conservato per un periodo così lungo, aveva mantenuto una buona morfologia e l’esame strutturale ha mostrato l’integrità subcellulare dei follicoli.
Gli esami a cui sono state sottoposte le strisce di tessuto crioconservato hanno valutato:
Le conclusioni degli studiosi in relazione a tale studio supporterebbero la validità delle procedure di crioconservazione e conservazione e sono rassicuranti per la crioconservazione del tessuto ovarico nelle ragazze in età prepuberale che manterranno il loro tessuto ovarico conservato per lungo tempo.
Tuttavia, solo il recupero della funzione ovarica dopo il reimpianto potrebbe fornire la prova delle vere capacità del tessuto ovarico criopreservato.
[1]https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4995754/
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