Quando si parla di preservazione della fertilità, si intende quella tecnica utilizzata in campo medico che serve a mantenere intatta la funzione riproduttiva dell’uomo o della donna. Si adotta quando possono verificarsi patologie che prevedono trattamenti curativi molto aggressivi. A seguito di trattamenti sempre più efficaci nella cura dei tumori, all’aumento delle percentuali di guarigione, è stato di contro riscontrato un aumento dei casi di infertilità nei soggetti trattati.
Terapie principali per le malattie tumorali, in primis chemioterapia o radioterapia, agiscono negativamente sulla fertilità. Una delle situazioni più frequenti per le donne è quella dell’interruzione precoce della funzionalità ovarica, mentre per quanto riguarda l’uomo, si riscontrano problematiche legate ad una ridotta densità e motilità del numero di spermatozoi presenti nello sperma, o del danneggiamento irreversibile delle cellule germinali.
Le situazioni più diffuse per le quali è consigliato ricorrere a tecniche di preservazione della fertilità sono:
Per la preservazione della fertilità femminile, le tecniche più utilizzate sono:
La tecnica da preferire dipende dall’età della paziente e dalla finestra temporale disponibile prima dell’inizio delle cure chemioterapiche o radioterapiche.
Le procedure che consentono la preservazione della fertilità in pazienti oncologiche sottoposte a terapie che mettono a rischio la fertilità futura sono le seguenti:
Crioconservazione degli ovociti. (social freezing)
Il social freezing (crioconservazione degli ovociti a scopo precauzionale) consente di ottenere una gravidanza in tempi differiti utilizzando i propri gameti. Il successo dipenderà dalla qualità e dalla quantità degli ovociti crioconservati.
La procedura della crioconservazione degli ovociti prevede diverse fasi introduttive e di follow up:
Questa tecnica si basa sulla crioconservazione dei gameti femminili ed è una procedura che può essere effettuata anche in assenza di un partner.
Le tecniche di crioconservazione degli ovociti sono attualmente due:
In Italia, grazie alla sentenza 151 della Corte Costituzionale, dal maggio 2009, è di nuovo consentita la crioconservazione embrionaria (crioconservazione degli embrioni) delle blastocisti sovrannumerarie al trattamento di PMA.
Le tecniche sono sempre quelle del congelamento lento e della vitrificazione con un iter simile a quello della crioconservazione degli ovociti.
Sebbene al momento sia una pratica ancora sperimentale, necessita di un paragrafo a parte, in quanto rappresenta un’evoluzione importante, che una volta a regime andrà a rappresentare una vera e propria svolta nel campo della preservazione della fertilità. L’importanza della crioconservazione del tessuto ovarico la si vede anche nella successiva fase di reimpianto, perché viene ripristinata tanto la funzione riproduttiva quanto quella endocrina.
Altro aspetto che rende molto innovativa e performante questa nuova tecnica, è che a differenza del congelamento di ovociti ed embrioni, quello del tessuto ovarico può essere effettuato in qualsiasi periodo del ciclo mestruale, non rappresentando quindi un problema nell’interazione con i trattamenti per la cura della malattia di cui la paziente è affetta.
Vi sono almeno tre regole base di cui tenere conto, tre requisiti imprescindibili che devono essere soddisfatti per poter essere ritenute idonee alla preservazione della fertilità.
Anche l’uomo può incorrere nelle problematiche della funzione riproduttiva in seguito a trattamenti per curare patologie oncologiche.
Le due tecniche che vengono utilizzate per la preservazione della fertilità maschile sono la Criopreservazione del seme ed il congelamento della biopsia testicolare (con il successivo reimpianto delle cellule germinali). Lo scopo di queste tecniche è di mantenere gli spermatozoi potenzialmente vitali per un tempo indefinito per il futuro utilizzo attraverso le tecniche di PMA con l’obiettivo di conseguire una gravidanza o per scopi conservativi (preservazione della fertilità).
Nel dettaglio le due tecniche prevedono:
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