Maternità dopo i 35 anni: ecco come.

Pubblicato il 6 settembre 2019

Le statistiche ci dicono che in tutta Europa, e nel nostro paese in particolare, l’età media per partorire il primo figlio è sempre più alta.

Le statistiche ci rivelano che solo nel secondo dopoguerra la media era attorno ai 25 anni, mentre oggi si è alzata fino a quasi 32 anni: in settant’anni è salita di dieci anni.

Se per motivi socio-economici è diventato normale partorire tardi, è altrettanto vero che diventare madri a un’età più avanzata è più difficile in quanto con il passare del tempo la fecondità diminuisce.

Tuttavia, la ricerca scientifica e le tecniche di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) sempre più avanzate costituiscono una risposta ottimale alla difficoltà di concepire dopo i 35 anni.

Maternità dopo i 35 anni, ecco come.

Se non si riesce a raggiungere la gravidanza in maniera naturale e si decide di ricorrere alla fecondazione assistita, le tecniche di PMA offrono la scelta tra due opzioni diverse:

  • La fecondazione eterologa, ovvero la fecondazione di gameti che non siano prelevati dalla paziente ma provenienti da una donatrice.

  • La preservazione della fertilità, procedendo con il congelamento degli ovociti negli anni in cui la fecondità è ai massimi livelli, per poi scongelarli al momento in cui si decide di procedere con le tecniche di PMA.

Maternità dopo i 35 anni con la fecondazione eterologa.

La fecondazione eterologa è la scelta ideale nel momento in cui non sia possibile utilizzare i propri ovuli, come nel caso di sterilità.

In questo caso l’aumentare dell’età influisce in maniera poco significativa sull’ottenimento del concepimento. I dati recenti dimostrano che le donne con meno di 35 anni hanno una percentuale di successo di appena 8% in più rispetto alle donne con età superiore.

La donatrice degli ovuli si sottopone a un trattamento di stimolazione ovarica per favorire la produzione di ovuli, mentre La donna che riceverà gli embrioni si sottopone a un trattamento volto alla preparazione dell’endometrio prima che avvenga il trasferimento degli embrioni. Per preparare l’utero al procedimento la donna dovrà assumere un medicinale dedicato.

Per quanto riguarda lo sperma del partner, vi sono due opzioni a cui affidarsi:

  • La prima è quella che prevede l’utilizzo del liquido biologico ottenuto il giorno stesso dell’ovodonazione. In laboratorio attraverso un’analisi dello sperma verranno selezionati gli spermatozoi che saranno ritenuti più adatti per poter fecondare gli ovuli.
  • La seconda opzione è quella di crioconservare lo sperma raccolto in precedenza, in attesa poi che arrivi l’ovodonazione. Una volta scongelato, lo sperma verrà sottoposto a una analisi diagnostica volta alla valutazione degli spermatozoi migliori.

La fecondazione degli ovuli avviene in vitro e quindi si attenderà che si sviluppino gli embrioni. Essi verranno quindi selezionati e introdotti nell’utero della donna. A determinare quale sarà il momento migliore per effettuare il transfer e quale sia il numero di pre-embrioni da trasferire, saranno gli stessi medici che procederanno con il trattamento. Essi si baseranno su una serie di elementi, ecco quali:

  • Storia clinica della coppia.
  • Numero e caratteristiche dei pre-embrioni che si sono formati durante la fecondazione in vitro.
  • Eventuali circostanze particolari in merito al ciclo di trattamento.

Maternità dopo i 35 anni con la preservazione della fertilità.

La preservazione della fertilità è un sistema che permette di crioconservare gli ovociti in età giovanile, per poi poterli scongelare e impiantare attraverso la PMA in un tempo differito. Le ragioni per cui si desideri posticipare la gravidanza possono essere personali oppure dovute a malattie oncologiche.

Quando il differimento della maternità dipende da motivazioni personali si parla di social freezing. La percentuale di donne che, una volta congelati gli ovociti, sceglie di procedere effettivamente con le tecniche di PMA è piuttosto bassa (7% circa). Questo può essere dovuto a diversi fattori tra cui il raggiungimento della maternità in modo naturale o le mutate condizioni personali.

Il medical freezing invece è più utilizzato: vi fanno ricorso quelle pazienti oncologiche che si devono sottoporre a cure mediche invasive come la chemioterapia o la radioterapia. Sebbene si tratti di cure che hanno permesso di aumentare sensibilmente la percentuale di guarigione o remissione della malattia, sono molto invasive e il rischio di andare incontro all’infertilità secondaria è piuttosto elevato. Congelando gli ovociti, si potrà procedere con lo scongelamento e con il trattamento di PMA una volta che la donna sia completamente guarita dalla malattia.

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