La legge sulla procreazione assistita rappresenta un tema importante per le coppie che desiderano concepire pur soffrendo di infertilità.
Le tecniche di preservazione della fertilità sono sottoposte a un controllo e a una regolamentazione delle quali è importante conoscere i vari risvolti.
Come spesso avviene in materie che non hanno solo una applicazione pratica, ma le cui conseguenze sconfinano in tematiche etiche e di interesse sociale, l’iter per giungere a una normativa è stato lungo e per anni la legge di riferimento è stata piuttosto lacunosa.
Per quanto anche ora ci siano aspetti che meriterebbero l’attenzione del legislatore, recentemente sono state introdotte delle modifiche che hanno ampliato la possibilità di accedere a queste tecniche.
Per stare al passo con le tecniche innovative che la scienza medica ci ha messo a disposizione, anche la legislazione che riguarda la PMA ha fatto dei passi in avanti, in particolare con modifiche alla legge 40/2004, il testo di riferimento nel settore.
Nel 2004 è stata emanata per la prima volta una legge sulla procreazione assistita, che ha la funzione di regolamentare tutte ciò che rientra in materia di PMA: si tratta della legge 40/2004.
Sebbene nel momento in cui è stata emanata fosse piuttosto lacunosa, essa ha rappresentato un importante passo avanti e ha coperto un vuoto legislativo che era di ostacolo a tutte quelle coppie che avevano difficoltà a concepire e cercavano una alternativa.
In un primo tempo, la legge consentiva di utilizzare le tecniche di procreazione assistita solo alle coppie che avessero una certificazione medica che attestasse l’infertilità o la sterilità. Inoltre, erano necessari degli altri requisiti piuttosto stringenti: oltre alla maggiore età, era necessario che i soggetti fossero eterosessuali, conviventi o sposati.
Una prima modifica è stata introdotta nel 2015 con una sentenza che ha permesso di dare l’accesso alla procreazione assistita anche alle coppie a cui fossero state diagnosticate malattie genetiche trasmissibili, sebbene non soffrissero di infertilità. Si trattò di una importante novità che permise a molte coppie di evitare di trasmettere patologie genetiche ai propri figli.
Altri cambiamenti sono stati introdotti in relazione al numero degli embrioni generati con la stimolazione ovarica.
La legge, al momento in cui venne emanata, prevedeva che si potessero ottenere solo tre embrioni. Tuttavia, ciò costituiva un limite che poteva ostacolare la buona riuscita della tecnica. In seguito, in numerose cause civili le sentenze del tribunale contrastarono questo divieto, finché venne eliminato del tutto.
Attualmente, la legge raccomanda di utilizzare un numero di stimolazioni congruo evitando di produrre un numero eccessivo di embrioni che potrebbero non venire utilizzati, senza tuttavia che sia indicato un numero massimo.
La sentenza che modificò la legge fu quella del Tribunale di Firenze del 2009, che ammise la possibilità di congelare gli embrioni in esubero.
La legge sulla procreazione assistita non è ancora completa e, con il progresso delle tecniche, c’è da aspettarsi che vengano introdotte altre modifiche.
È, tuttavia, importante conoscere che cosa è consentito e quali siano invece ancora i divieti attualmente presenti.
In conclusione, sebbene alcune interessanti modifiche abbiano ampliato la possibilità di preservare la fertilità, rispetto a molti paesi europei in Italia la normativa è ancora indietro. Proprio per questo spesso le donne o le coppie omosessuali si spostano in altri paesi europei per arrivare al concepimento.
Una corretta e più ampia informazione è fondamentale per permettere alle persone di accedere ai servizi già presenti, soprattutto in caso di patologie.
Alcune regioni di recente hanno attivato progetti di social freezing grazie ai quali la conservazione dei gameti può essere fatta gratuitamente, in cambio di una donazione di quelli in eccesso per incrementare la fecondazione eterologa, ancora poco conosciuta e poco praticata.
Anche il medical freezing è ancora poco conosciuto, limitando così l’utilizzo per le persone che si devono sottoporre a cure oncologiche e che potrebbero desiderare di avere un figlio dopo la guarigione.
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