Il concepimento è l’atto che dà origine a una nuova vita e rappresenta un processo complesso e affascinante. A differenza di quello che si potrebbe pensare, sebbene diventare genitori sia una delle attività più naturali in assoluto, non è così semplice, in quanto coinvolge una serie di eventi biologici sincronizzati.
L’impianto dell’embrione è uno degli step più delicati: in questa fase, infatti, l’embrione deve attaccarsi alla parete dell’utero per poter dare il via al proprio sviluppo e formare il feto.
Ciò vale sia nel momento in cui la fecondazione sia avvenuta per vie naturali sia nel contesto della procreazione medicalmente assistita (PMA): in questo ultimo caso, il successo del trattamento dipende in gran parte proprio dalla capacità degli embrioni di impiantarsi correttamente nell’utero.
L’impianto embrionale è quella fase del concepimento durante la quale l’embrione, che si è spostato nell’utero materno, si attacca all’endometrio, che è uno strato spesso che ricopre la parete uterina, e inizia a crescere.
L’attecchimento avviene solitamente circa una settimana dopo la fecondazione dell’ovulo, durante quella che viene chiamata la finestra di impianto.
La fecondazione è il momento in cui lo spermatozoo maschile si unisce all’ovulo femminile e assieme formano lo zigote. Lo zigote viaggia attraverso la tuba di Falloppio: questo viaggio verso l’utero dura circa tre giorni. Durante la terza giornata, lo zigote, che attraverso le divisioni cellulari è arrivato ad avere circa 16 cellule, raggiunge l’utero, dove continua una serie di divisioni cellulari fino allo stadio di blastocisti. La blastocisti è pronta per aderire alla parete dell’utero attraverso un processo noto come adesione, che segna l’inizio dell’impianto.
Con blastocisti si intende lo stadio in cui l’embrione si trasforma e assume una struttura cellulare complessa che permette l’impianto nell’utero e dà inizio alla vita del feto.
La struttura della blastocisti è composta da circa duecento cellule che si suddividono in trofoectoderma e massa interna della cellula, in base al ruolo che svolgono.
Inoltre, la blastocisti ha una cavità interna riempita di liquido, chiamata blastocele. Questo spazio permette alla blastocisti di espandersi e crescere mentre le cellule continuano a dividersi.
Quando la blastocisti raggiunge l’utero e inizia il processo di impianto, il trofoectoderma aiuta la blastocisti ad aderire all’endometrio. Nel frattempo, le cellule dell’embrione interno iniziano a specializzarsi e a formare le strutture del feto.
L’impianto dell’embrione nell’endometrio dell’utero è un processo complesso che si svolge in una serie di fasi sequenziali e interconnesse, ciascuna essenziale per il successo del concepimento. Queste fasi, che comprendono trattenimento e pre-contatto, l’apposizione, l’adesione e l’invasione, coinvolgono una serie di interazioni finemente regolate tra l’embrione e l’endometrio. Dalla navigazione dell’embrione attraverso la cavità uterina, al suo legame stabile con l’endometrio, fino alla sua penetrazione profonda nel tessuto uterino, ogni fase dell’impianto è orchestrata da segnali chimici e cambiamenti cellulari che permettono all’embrione di trovare il suo posto nell’utero e iniziare il viaggio della crescita e dello sviluppo.
La fase di trattenimento e pre-contatto inizia non appena la blastocisti arriva nella cavità uterina, di solito nel 5°-6° giorno. In questa fase, l’embrione fluttua liberamente nell’utero, trattenuto dal muco cervicale che impedisce sia un suo avanzamento troppo veloce, sia una possibile espulsione. Durante questo periodo, l’embrione inizia un’importante transizione in cui si libera della zona pellucida, la membrana protettiva che ha avvolto l’embrione nelle fasi iniziali dopo la fecondazione.
Con la crescita dell’embrione, la zona pellucida gradualmente si indebolisce e, infine, si rompe. Attraverso una serie di movimenti contrattili, l’embrione riesce a liberarsi di questa membrana e a instaurare le prime interazioni con l’endometrio.
L’apposizione rappresenta il primo contatto stabile tra l’embrione e l’endometrio. Durante questa fase, la blastocisti, che ha ora schiuso il suo involucro protettivo esterno, si orienta e si adagia sulla parete uterina. L’apposizione permette all’embrione di stabilire un contatto più stretto con l’endometrio, preparandosi per la successiva fase dell’impianto.
In questa fase svolgono una funzione fondamentale i pinopodi: si tratta di cellule epiteliali dell’endometrio che facilitano il contatto tra l’endometrio stesso e la blastocisti.
Inoltre, sono dei marcatori, in quanto indicano quando l’endometrio è pronto a ricevere l’embrione. La loro comparsa avviene solamente durante la finestra di impianto e tendono a scomparire circa al 24° giorno del ciclo mestruale.
Una volta stabilito il contatto, l’embrione entra nella fase di adesione. Qui, le molecole sulla superficie dell’embrione e dell’endometrio interagiscono, permettendo all’embrione di aderire strettamente alla parete dell’utero. Questo legame fisso è un prerequisito per l’invasione, la fase finale dell’impianto.
Nell’ultima fase, nota come invasione, l’embrione si insinua più profondamente nel tessuto dell’endometrio. Le cellule dell’embrione, in particolare quelle del trofoblasto, iniziano a invadere l’endometrio, formando ciò che diventerà la placenta e le membrane fetali. Questo processo consente all’embrione di accedere ai nutrienti e all’ossigeno necessari per la sua crescita e sviluppo.
Ogni fase dell’impianto richiede una stretta coordinazione tra l’embrione e l’endometrio. Questo delicato processo è fondamentale per stabilire una gravidanza sana e per preparare l’ambiente uterino per i nove mesi di crescita fetale che seguiranno.
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