Epidurale: come funziona e quando farla

Epidurale: come funziona e quando farla

Pubblicato il 15 Ottobre 2021

Negli ultimi anni, il dibattito sull’utilizzo dell’epidurale ha creato non poche polemiche tra chi ne è un fervido sostenitore e chi invece pensa che sia da evitare.

Come spesso avviene, è importante affrontare la questione senza posizioni aprioristiche e senza fanatismo. Capire che cosa comporti questa pratica e conoscere in modo più preciso le circostanze in cui è consigliabile, è il modo migliore per vivere la gravidanza, senza eccessivi patemi.

L’epidurale per il parto rappresenta un’ottima opportunità, tuttavia non è detto che sia sempre adatta in tutti i casi e per tutte le pazienti.

Epidurale parto: che cos’è

L’ anestesia epidurale è una tecnica di anestesia che agisce a livello locale. Il suo nome deriva dal fatto che gli anestetici che vengono utilizzati per eliminare il dolore vengono iniettati nello spazio epidurale del midollo spinale.

Lo spazio epidurale è situato tra la dura madre, che è la meninge più esterna del midollo stesso, e la parete ossea interna.
Qui sono presenti le radici dei nervi spinali: per questo l’anestesia, che viene fatta in un punto diverso rispetto all’anestesia spinale, blocca momentaneamente le sensazioni dolorose che vengono inviate al cervello tramite le fibre nervose.

Non viene, invece, ridotta la sensibilità tattile né l’attività motoria, in modo tale che sia comunque possibile procedere al parto naturale.
Pertanto, sarebbe più corretto chiamarla analgesia epidurale, anziché anestesia.

Epidurale come funziona e quando farla – Campagna del Cavolo

L’anestesia spinale, invece, prevede la somministrazione dell’anestetico in un punto più interno della colonna spinale, nello spazio subaracnoideo, e ha effetti molto diversi, in quanto inibisce del tutto l’attività sensitiva e motoria.
Questo tipo di anestesia per le sue caratteristiche è quella che viene utilizzata durante gli interventi chirurgici. 

Come viene fatta l’anestesia epidurale

In passato, si tendeva a praticare l’anestesia epidurale quando il travaglio era già ben avviato, con una dilatazione di alcuni centimetri e con contrazioni regolari. Oggi la metodologia non è più così rigorosa e ci possono essere casi in cui la si inizi anche prima, soprattutto se il parto si presenta difficoltoso.

La posizione per praticare l’epidurale è quella seduta oppure sdraiata su un fianco: l’importante è che venga assunta una posizione che permetta alle vertebre di allargarsi e di aprire lo spazio in cui dovrà essere infilato l’ago dall’anestesista. Per questo, se si sceglie la posizione seduta è opportuno piegare la schiena in avanti, mentre se si è sdraiati è consigliabile mettersi in posizione fetale con le ginocchia raccolte verso il petto. La partoriente, poi, verrà collegata a un sistema di monitoraggio dei parametri di vitali.

L’epidurale viene pratica inserendo il cosiddetto catetere peridurale, tramite un ago. Il catetere è un tubicino attraverso il quale viene somministrato l’analgesico a livello locale. Non è escluso che durante il travaglio e il parto vengano somministrate altre dosi.

Lo scopo per cui viene fatta l’analgesia epidurale non è quello di eliminare del tutto il dolore ma di renderlo più gestibile: il fatto che non viene eliminata la sensibilità, come avviene con una anestesia locale vera e propria, serve perché si possa avere il controllo della situazione, si possano percepire le contrazioni e si abbia la forza necessaria per muoversi e spingere in modo corretto durante la fase espulsiva. 

Tuttavia, i vantaggi non si limitano alla diminuzione del dolore: possono esserci anche casi in cui il rilassamento che garantisce questa tecnica risulta utile per il passaggio del feto. In altri casi, come quelli in cui la partoriente è affetta da cardiopatie, l’epidurale riduce lo stress ed evita conseguenze legate al dolore molto intenso.

Succede anche, però, che l’analgesia epidurale non riesca a ottenere gli effetti desiderati. Nella colonna vertebrale, infatti, possono essere presenti piccole anomalie anatomiche che non permettono all’analgesico di diffondersi in modo uniforme e possono rimanere ancora sensibili alcune parti.

Epidurale: ci sono controindicazioni o rischi?

Generalmente tutte le donne possono sottoporsi a questa tecnica. Tuttavia, possono presentarsi delle situazioni che andranno valutate attentamente dal medico anestesista e dal ginecologo.

In linea di massima, è una procedura sconsigliata quando ci sono alterazioni della coagulazione che potrebbero provocare eccessivo sanguinamento, quando ci sono infezioni in corso o febbre alta, quando si hanno allergie agli analgesici e agli oppiacei e quando sono presenti patologie che interessano il sistema nervoso.

Per quanto riguarda, invece, i rischi, molti studi rilevano come ci sia un allungamento medio del travaglio di circa 15-20 minuti. Anche se non sono ancora del tutto certe le cause, si tende a pensare che possa essere dovuto alla maggiore rilassatezza della partoriente, che probabilmente spinge con minor vigore.

In alcuni casi, la puntura epidurale può lasciare per qualche giorno un dolore localizzato all’area interessata, ma nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente in pochi giorni. Quando viene toccata la dura madre può generarsi un mal di testa persistente che peggiora con la stazione eretta. Anche in questo caso, tuttavia, si tratta di un disturbo passeggero per il quale possono essere prescritti farmaci appositi.

Le complicanze più gravi sono piuttosto rare e si stimano in un caso su 200 mila. Si tratta di disturbi che colpiscono il sistema nervoso oppure meningite, trombosi celebrale o ematoma epidurale.

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