Quando si parla di fertilità maschile, spesso si pensa solo a quanti spermatozoi vengono prodotti. Ma la realtà è più complessa. La capacità di concepire non dipende solo dalla quantità, bensì anche da motilità, morfologia, vitalità e integrità del DNA spermatico. Questi aspetti possono essere influenzati da fattori locali, come infezioni, varicocele o esposizione a sostanze tossiche, ma anche da equilibri ormonali più ampi.
Alla base della produzione degli spermatozoi, un processo continuo chiamato spermatogenesi, c’è un sistema di regolazione ormonale che coinvolge ipotalamo, ipofisi e testicoli. Questo sistema coordina il rilascio di ormoni chiave, come FSH e LH, che stimolano le cellule testicolari a produrre sia spermatozoi che testosterone. Quando questo meccanismo si inceppa, anche lievemente, può compromettere la fertilità.
Ecco perché, in presenza di difficoltà a concepire o alterazioni del liquido seminale, analizzare il profilo ormonale maschile diventa un passo essenziale.
Non sempre in presenza di alterazioni ormonali si manifestano sintomi evidenti. Eppure, in molti casi, ci sono segnali che possono far sospettare uno squilibrio ormonale, soprattutto quando si accompagna a difficoltà nel concepire.
Il primo indizio può emergere già dall’analisi del liquido seminale: una riduzione del numero o della qualità degli spermatozoi può infatti essere la spia di un problema ormonale a monte. Ma non solo.
Anche sintomi generali come calo del desiderio sessuale, disfunzione erettile, stanchezza cronica, riduzione della massa muscolare, aumento del grasso addominale o ridotta crescita dei peli corporei possono indicare un’alterazione dei livelli di testosterone o di altri ormoni coinvolti nella funzione riproduttiva.
I dosaggi ormonali maschili vengono quindi richiesti:
Si tratta di un semplice prelievo di sangue, ma può offrire informazioni decisive per inquadrare correttamente il problema e, se necessario, orientare verso terapie specifiche.
Le analisi ormonali maschili servono a valutare il corretto funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicoli, cioè quel sistema che regola la produzione di spermatozoi e la sintesi del testosterone. Quando si sospetta un’alterazione della fertilità, il medico può prescrivere una serie di esami del sangue che analizzano i principali ormoni coinvolti nella funzione riproduttiva maschile e ne monitorano il dosaggio.
Questi esami, se interpretati nel loro insieme, offrono una fotografia completa della salute ormonale maschile. In presenza di valori alterati, è possibile individuare con maggiore precisione la sede del problema, che potrebbe essere centrale (ipotalamo/ipofisi) o periferica (testicoli), e valutare un eventuale trattamento.
Quando i dosaggi ormonali evidenziano valori fuori dai range di riferimento, è bene indagarne le cause.
Se i livelli di FSH e LH sono elevati, ma il testosterone risulta basso, si può sospettare un ipogonadismo primario: significa che i testicoli non rispondono correttamente agli stimoli ormonali e non producono abbastanza testosterone o spermatozoi. È una condizione che può derivare da fattori genetici, da danni testicolari (infezioni, traumi, terapie) o da patologie come la sindrome di Klinefelter.
Al contrario, se FSH, LH e testosterone sono tutti bassi, la causa può trovarsi più in alto, a livello di ipofisi o ipotalamo, e configurare un ipogonadismo secondario. In questi casi, l’organismo non invia ai testicoli il segnale necessario per avviare la produzione ormonale. Tumori ipofisari benigni, forti stress cronici, cali di peso eccessivi o uso di sostanze dopanti possono alterare questi meccanismi.
Un altro valore da non trascurare è la prolattina: quando è elevata, può interferire con la funzione sessuale e riproduttiva. Anche l’estradiolo in eccesso, ad esempio in caso di sovrappeso o obesità, può portare a un’alterazione dell’equilibrio ormonale.
Va inoltre ricordato che anche l’assunzione di integratori, anabolizzanti o farmaci per lo sport può falsare i valori ormonali e compromettere la fertilità maschile.
Per questo motivo, è essenziale non interpretare i risultati in autonomia, ma affidarsi a uno specialista in andrologia o endocrinologia della riproduzione, che possa leggere il quadro clinico nella sua interezza.
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