Quando si diventa genitori le responsabilità verso i figli riguardano una serie di incombenze: come sancito dalla legge, è compito dei genitori mantenere, educare e istruire i figli.
Per poter esercitare la propria responsabilità genitoriale è necessario far coesistere le incombenze lavorative, che permettono al genitore di mantenere il figlio, con il diritto/dovere di accudirlo.
Per questo motivo, la legge garantisce ai genitori diritti che permettano di assolvere in pieno i compiti e i doveri che il loro ruolo richiede.
Non solo al momento della nascita è importante che i genitori lavoratori siano tutelati in questo senso, ma, man mano che il bambino cresce, ci saranno esigenze diverse, che richiederanno incombenze e diritti diversi.
Negli ultimi anni sono state introdotte importanti modifiche nel campo dei diritti per i lavoratori che diventano genitori.
Il mutare della struttura sociale e l’equiparazione dei ruoli genitoriali hanno portato a prevedere anche da un punto di vista legislativo delle tutele più ampie che riguardano sia l’attività lavorativa materna sia quella paterna.
Oggi, rispetto a una quarantina di anni fa, la situazione è cambiata sensibilmente. I dati Istat ci dicono che se negli anni settanta solo una donna su 3 era occupata, oggi circa il 48,1% delle donne lavora.
Sempre secondo i dati Istat elaborati da Androkronos, tra il 1977 e il 2016 le donne occupate sono aumentate di circa il 50% passando da poco più di 6 milioni a circa 9,5 milioni.
Di conseguenza, se tra gli occupati nel 1977 le donne rappresentavano solo il 31,5% del totale, nel 2016 sono salite al 41,8%. Invece, gli uomini lavoratori, che in termini assoluti hanno mantenuto quasi inalterato il loro numero (13,4 milioni nel 1977 e 13,2 milioni nel 2016), sono diminuiti di circa il 10% del totale.
Poiché oggi le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano sono sempre di più, è sempre più importante tutelarle da un punto di vista normativo, anche per contrastare il costante calo delle nascite.
Nel corso degli anni, così come è cambiata la struttura sociale, anche i diritti sono cambiati: il legislatore ha preso coscienza dei cambiamenti in atto, ma anche di un desiderio da parte maschile di potersi occupare della propria famiglia non solo nel mantenimento ma anche nell’accudimento.
L’impulso è stato dato dall’Unione Europea, che ha spesso manifestato l’intenzione di tutelare i diritti dei lavoratori e assicurare la parità di trattamento tra uomini e donne. Nel corso degli anni tutto ciò ha permesso di rafforzare uno schema sociale che vorrebbe offrire anche alla donna la possibilità di realizzarsi lavorativamente senza rinunciare ad avere figli.
In Italia la prima legge chi occupa di maternità è del 1971 e riguarda solo la donna. Con essa si sanciva il divieto di licenziare una lavoratrice dall’inizio della gestazione fino al compimento di un anno del bambino. Inoltre, sempre con questa legge, veniva introdotto il divieto di adibire una donna in gravidanza ad attività pesanti, pericolose o insalubri.
Nel 1977 invece è stato esteso il congedo di maternità obbligatorio anche per le adozioni, ma solo nel 2000 è stata introdotto il congedo parentale per il papà.
Nel 2001, poi, ha preso corpo il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che raccoglie tutto il complesso di normative.
Recentemente, con l’approvazione della legge di bilancio per il 2019, sono state introdotte due importanti modifiche in materia.
La legge di bilancio 2019 ha introdotto un’importante novità per le lavoratrici in gravidanza, offrendo la possibilità di lavorare fino al parto. Di conseguenza, i cinque mesi di maternità previsti dalla legge possono essere fruiti completamente dopo la nascita del figlio. In questo caso, però, è necessario che venga dato il benestare del medico specialista.
La legge di bilancio 2019 ha anche stabilito che il padre lavoratore possa godere di un giorno in più per il congedo di paternità. Le novità per i padri lavoratori nel 2019 sono dunque:
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