Restare incinta a 30 anni.

Pubblicato il 31 agosto 2019

Se fino alla metà del secolo scorso le madri di 30 anni venivano considerate avanti negli anni, oggi la situazione si è completamente ribaltata tanto che restare incinta a 30 anni è la condizione più frequente.

Le statistiche parlano chiaro: l’età media a cui una donna partorisce il primo figlio è di 32 anni e le giovani mamme sono sempre meno.

Complici le mutate condizioni socio-economiche: per esempio, l’aumento della percentuale di donne lavoratrici, l’aumento dell’età media a cui si smette di studiare e la corrispondente difficoltà a trovare lavoro.

Se si partorisce più avanti con l’età, è anche più probabile che il numero di figli si fermi a uno, così come confermato dalle statistiche: il numero medio di figli per donna attualmente è 1,34. 
Se questo spostamento in avanti dell’età ha delle importanti ripercussioni sulla struttura sociale e demografica della nostra nazione (e non solo: anche in Europa la tendenza è la stessa, sebbene con numeri meno preoccupanti), c’è da chiedersi se ci siano corrispondenti vantaggi a livello personale.

Che cosa significa oggi per una donna restare incinta a 30 anni? C’è pericolo di un‘imminente infertilità? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?

 

La fertilità a 30 anni .

Aspettare i 30 anni per avere il primo figlio comporta delle conseguenze. L’età biologica della donna, infatti, ha il suo picco di fertilità verso i 20 anni mentre dai 28 in poi avviene un calo costante della possibilità di riprodurre. 

Nella fase tra i 16 e i 28 anni la regolarità ovulatoria è al massimo: questo è, dal punto di vista della fertilità, il periodo migliore per concepire, ma non solo. Il corpo femminile è al massimo della forma fisica e perfettamente in grado di portare a termine la gravidanza nel migliore dei modi. Inoltre, le probabilità di avere malattie che possono ostacolare il concepimento, come l’endometriosi, sono molto basse.

Tuttavia, entro i 35-36 anni le probabilità di concepire sono ancora piuttosto alte. Infatti la riserva follicolare è ancora sufficientemente ampia e vengono ancora prodotti tanti ovociti di qualità. Statisticamente dopo i 37 anni il tasso di fertilità inizia a scendere in modo drastico, tanto che in questa fascia di età le probabilità di concepire spontaneamente sono dimezzate rispetto a quelle di concepire a vent’anni. 

Per evitare di scoprire di essere infertili quando è troppo tardi, sono stati messi a punto dei test che valutano attraverso l’analisi del sangue le probabilità di riuscire a concepire. Attraverso l’esame del campione ematico vengono rilevati i livelli degli ormoni responsabili del concepimento: antimulleriano, inibina B, FSH.

I dati verranno poi incrociati con un’ecografia transvaginale, che sarà in grado di mostrare la grandezza delle ovaie in millimetri, e valutati alla luce del quadro clinico e dell’anamnesi famigliare.

Questo test risulta estremamente utile per le donne trentenni che temono di non essere più in grado di concepire: molto sovente quando dopo quattro o cinque mesi di tentativi non si riesce a raggiungere il concepimento, si può instaurare una frustrazione che fa accrescere lo stress. Poiché lo stress è un fattore che può peggiorare le condizioni di un concepimento difficile, si instaura una corta di circolo vizioso da cui diventa difficile uscire.   

I vantaggi della dolce attesa a 30 anni.

Se raggiungere il concepimento a 30 anni è più difficile che a 20, ciò non vuol dire che non sia possibile, come è testimoniato dall’età media a cui oggi si partorisce il primo figlio, né significa che non abbia dei vantaggi.

A quest’età la donna è più matura e consapevole delle sue capacità: in linea generale, è più probabile che la coppia abbia raggiunto una stabilità economica e che il rapporto tra i partner sia consolidato.  

Una maggior sicurezza sotto questi punti di vista è una buona base per affrontare la gravidanza nel migliore dei modi e per trasmettere tranquillità anche al bambino.

I dati statistici, poi, dimostrano che a 30 anni le mamme sono consapevoli e hanno un aumentato senso di responsabilità: le mamme trentenni si dimostrano più scrupolose rispetto alle mamme più giovani nell’osservare le prescrizioni medici, nel sottoporsi a scadenza regolare ai controlli e nel seguire uno stile di vita più appropriato alle mutate condizioni.

Generalmente, poi, sono meno condizionate dai cambiamenti fisici, che accettano con minor traumi rispetto alle ventenni. Anche i cambiamenti relativi alle mutate necessità sono meno stabilizzanti: rinunciano più facilmente alla vita sociale per dedicarsi a quella familiare senza viverlo come un peso.

Un ulteriore aspetto importantissimo sarà anche l’età dei futuri nonni. Se infatti le mamme ventenni hanno genitori ancora molto giovani e impegnati in età lavorative, le mamme di 30 anni hanno probabilmente genitori già in pensione ma non ancora troppo vecchi, in grado quindi di collaborare a seguire i nipoti.

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